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Psicologia, psichiatria

La salute psichica in adolescenza

29 Nov 2017
adolescenza

Effettuare delle riflessioni sulla salute psichica in adolescenza appare come il tentativo di descrivere con una fotografia un fenomeno in rapido movimento.

I nostri adolescenti vivono un passaggio difficile: hanno poco passato, un presente incerto e un futuro di cui non si posseggono tracce, in sostanza navigano in un nuovo universo senza mappe, “a vista”.

È uscito “Quando tutto cambia. La salute psichica in adolescenza” il volume scritto dal Prof. Mencacci e il Dott. Migliarese che ha l’obiettivo di fornire quelle informazioni che possono permettere agli adulti (medici, psicologi ma anche educatori o genitori interessati) di porsi di fronte alle manifestazioni cliniche dell’adolescente con maggiori competenze, aiutandoli ad avere una bussola per navigare in acque che appaiono spesso molto tempestose.

Adolescenza: la più delicata delle transizioni

L’adolescenza è un periodo della vita umana del tutto singolare, caratterizzato dal difficile equilibrio tra potenzialità ancora inespresse e fragilità. Sebbene sia difficile da definire sinteticamente, è possibile immaginare l’adolescenza come uno spazio e un periodo di passaggio che permette di accedere all’età adulta (dal latino adultus: cresciuto). Il modo in cui si diviene uomini e donne è da sempre stato riconosciuto come un momento particolarmente significativo e importante, tanto da venire evidenziato da riti di passaggio (i cosiddetti riti di iniziazione) che permangono ancora in diverse culture.

L’accesso all’età adulta non è un fenomeno passivo: è infatti stato riconosciuto da sempre all’adolescenza il suo ruolo di “organizzatore”. Ciò che viene fatto in questa età plasma la personalità perché, sebbene l’individuo non sia una tabula rasa ma abbia caratteristiche ben definite già alla nascita e incluse nel suo patrimonio genetico, è in adolescenza che si affinano le caratteristiche, che si orientano le competenze, che, secondo il celebre verso di Pindaro, si diviene ciò che si è.

Il passaggio verso l’età adulta e la strutturazione di una modalità di funzionamento affettivo, cognitivo, relazionale che rimarranno sostanzialmente stabili nel resto della vita, sono possibili grazie alla trasformazione corporea e alla maturazione dei sistemi neurobiologici che danno il via alle transizioni psicologiche e di ruolo. Il complesso meccanismo di rimaneggiamento cerebrale, con i fenomeni di pruningsinaptico e di creazione di sistemi di connessione ad alta efficienza che avviene in questo periodo della vita, permette di comprendere perché quanto viene imparato precocemente risulti un lascito anche per l’età adulta. L’adolescenza infatti scolpisce il nostro cervello, ne potenzia alcune competenze a discapito di altre. Non si tratta solo di competenze  psichiche e cognitive (come in ambito sportivo o nelle modalità di ragionamento e studio) ma anche di competenze relazionali e affettive. Ma, soprattutto, lo sviluppo adolescenziale riguarda il senso di sé, la capacità di tollerare le frustrazioni, di investire nel futuro, di accogliere la relazione con l’altro. Nell’adolescenza viene poco alla volta costruito l’uomo (o la donna) che si manifesterà in età adulta.

L’adolescenza si manifesta dunque come un periodo di straordinaria ricchezza e potenzialità. Sappiamo però che il periodo adolescenziale contiene in sé anche numerose contraddizioni: oltre a essere una fase in cui le competenze si costruiscono, le stesse possono purtroppo anche venire disgregate. Come per ogni transizione, nel percorso di sviluppo è insito un rischio: tutte le transizioni possono infatti “andare male” e non portare ai risultati attesi.

Molti fattori possono intervenire nel percorso di sviluppo e alterare la traiettoria evolutiva: esperienze, fallimenti, traumi. Il cervello adolescente mostra una specifica sensibilità agli stress (di diversa natura, quindi  fisici, tossici, relazionali) a cui tra l’altro tende a essere esposto in maniera più diretta. I giovani infatti hanno meno precauzioni, a causa della loro natura di “esploratori”, di soggetti impulsivi, poco attenti ai rischi e affascinati dalle novità e dalle possibili conquiste. Dietro all’apparente forza e all’esuberanza, l’adolescente cela sempre sensibilità e fragilità.

La fragilità dell’adolescenza si manifesta in molti modi. I dati epidemiologici ci dicono che è nel periodo adolescenziale che esordiscono gran parte delle patologie psichiche, e l’esposizione a diversi fattori di stress risulta sicuramente uno degli aspetti fondamentali per spiegare, almeno in parte, questo incontrovertibile riscontro.

L’esordio psicopatologico è inscindibile dal percorso evolutivo, con cui mantiene un rapporto biunivoco: se la comparsa di forme psicopatologiche può alterare il  fisiologico percorso verso l’autonomizzazione e la costruzione di una propria identità personale, nello stesso tempo l’espressività della psico-patologia viene in influenzata dalle grandi capacità di adattamento dell’adolescente. Queste capacità di adattamento, che sono caratterizzate a livello cerebrale da una elevata neuroplasticità, permettono talvolta, con interventi corretti, di contenere gli effetti pervasivi della psicopatologia stessa: per questo motivo appare estremamente importante prestare una particolare attenzione a questa fase della vita e tutelarla in modo adeguato.

libro-mencacci-adolescenzaA questo proposito, la WPA (World Psychiatric Association) ha recentemente redatto una dichiarazione dei diritti dei giovani con patologie psichiche, segnalando l’importanza centrale che ha la salvaguardia di questo periodo della vita per tutelare la salute psichica globale. Aspetto centrale di questa dichiarazione è il diritto che i giovani con patologie psichiche dovrebbero avere di accedere a percorsi idonei di trattamento e cura al pari dei loro coetanei con malattie fisiche. Purtroppo, anche per motivi storici, vi è la tendenza a disconoscere la possibilità che un ragazzo giovane presenti un disturbo psichico e i dati epidemiologici ci dicono che solo una minoranza di giovani con disturbi psichici giungono in contatto con specialisti, vengono riconosciuti correttamente e ricevono un trattamento idoneo.

Proprio per questo motivo, riteniamo che il primo, fondamentale punto da cui partire sia sviluppare la capacità di riconoscere che alcune manifestazioni non sono parte del fisiologico, a volte turbolento, percorso di sviluppo individuale, ma segni di psicopatologia per la quale è necessario un intervento tempestivo e specifico. Negare questa evenienza sostenendo indistintamente la presenza di un generico “disagio adolescenziale” significa privare un ragazzo sofferente della possibilità di accedere a cure specifiche, con tutto il correlato che l’intervento tardivo porta con sé: aggravamento dei sintomi, alterazioni del funzionamento, effetti a livello socio-relazionale e scolastico. Sottolineare con decisione questa carenza non ci pone comunque tra gli “interventisti”. Riconosciamo e sottolineiamo infatti che è molto frequente anche il rischio opposto, quello di “medicalizzare” manifestazioni che invece necessitano in primo luogo di essere comprese e contenute con i consueti mezzi affettivi ed educativi presenti in ambito familiare, senza privare la famiglia del suo specifico ruolo educativo con il ricorso a  figure esterne più o meno normative.

Dal punto di vista medico è importante quindi cercare di ottenere nello stesso tempo un’elevata sensibilità e un’elevata specificità. Ci troviamo in un passaggio stretto, in cui è necessario imparare a discriminare tra segni indicativi di un possibile esordio di psicopatologia e segni che invece sono parte del  fisiologico percorso adolescenziale, perché l’intervento da mettere in atto può cambiare radicalmente.

Questo appare particolarmente vero in un periodo storico scosso da profondissime trasformazioni socio-antropologiche. Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito infatti a profondi cambiamenti dell’assetto sociale e alla crisi dei sistemi ideologici e di riferimento su cui questo era stato costituito: le modifiche culturali sono state favorite e affiancate da uno sviluppo iperbolico delle tecnologie. L’insieme di questi fattori appare oggi un aspetto centrale per comprendere l’espressione di diverse manifestazioni psicopatologiche, tanto che alcuni autori hanno suggerito di illustrare questo cambiamento parlando di modello bio-psico-socio-tecnologico come nuovo paradigma di riferimento in psichiatria. Uno degli aspetti più interessanti di questi cambiamenti è sicuramente rappresentato dalla modificazione del concetto di spazio e di tempo. Le nuove possibilità legate alla rete hanno permesso di modificare il concetto di spazio creando da un lato uno spazio virtuale dai confini  fluidi (si pensi, soprattutto per i giovani, al proliferare di luoghi di gioco virtuale abitati 24 h su 24 h da avatar caratterizzati da specifiche sempre più definite), dall’altro di ridurre enormemente le distanze (video-conference, chat ecc.). Anche il concetto di tempo, e prevalentemente del concetto di attesa, è stato totalmente rimodulato, con l’avvento di una simultaneità – a volte esasperata – che si estrinseca soprattutto nelle relazioni interpersonali (sia reali che virtuali), ma anche in ambito lavorativo e di un’accelerazione sempre maggiore del ritmo della vita, correlato a un incremento delle richieste personali e professionali.

Siamo tutti esposti a una sovrabbondanza di informazioni e al contempo da un eccesso di richieste. L’incremento nel corso degli ultimi anni della prevalenza di patologie stress-correlate sembra confermare che le richieste attuali dell’ambiente sociale siano spesso soverchianti le possibilità dell’individuo. L’influsso di questi cambiamenti sulle modalità relazionali e affettive dei giovani è difficilmente quanti cabile, anche se appare del tutto plausibile che si estrinsechi in una rimodulazione globale del percorso di sviluppo identitario e abbia riflesso anche sulle susseguenti manifestazioni psichiche. Il cervello in via di sviluppo dell’adolescente rimane infatti sempre più esposto ai fattori patogeni, con il rischio di manifestazioni significative.

Un recente saggio di Jean Twenge dell’Università di San Diego riporta dati che fanno riflettere, ricavati dall’analisi del comportamento degli adolescenti negli ultimi 40 anni: rispetto agli adolescenti delle generazioni precedenti, i nativi digitali sono più depressi e meno inseriti a scuola o al lavoro, dei loro genitori e nonni, passano meno tempo con gli amici, nello studio, nello sport, e investono meno su loro stessi (ad esempio rinunciano a prendere la patente, vanno meno a ballare). Sono dati difficili da analizzare e sicuramente è complesso comprendere da cosa nasca cosa. Ma il dato è comunque da tenere a mente, anche per segnalare che effettuare delle riflessioni sulla salute psichica in adolescenza appare come il tentativo di descrivere con una fotografia un fenomeno in rapido movimento.

Seppure gli aspetti neurobiologici rimangano un dato di partenza sostanzialmente invariante (anche se sicuramente l’effetto dell’alimentazione e delle migliori condizioni di salute li influenzino) e il cervello degli adolescenti segua le stesse traiettorie di sviluppo di sempre, gli stimoli a cui è sottoposto cambiano in continuazione, con esiti che solo in parte possono essere previsti. È importante allora osservare la situazione attuale con uno sguardo inclusivo, che tenti di integrare competenze e sensibilità differenti, che parta dal passato e si proietti al futuro.

Questo libro nasce dall’esperienza maturata dal nostro gruppo in questi anni di lavoro presso l’ospedale pubblico e i servizi territoriali, dove sono stati messi in atto diversi progetti innovativi mirati ai giovani tra i 14 e i 24 anni. Il nostro scopo è quello di fornire alcune considerazioni cliniche che aiutino a effettuare la complessa operazione di discriminazione tra  fisiologia, para fisiologia o psicopatologia, che mostrano spesso molti aspetti in comune.

Il libro, pur essendo concepito come un unicum, è pensato in modo che i diversi capitoli possano essere consultati anche singolarmente. Abbiamo dedicato la prima parte del volume all’analisi degli aspetti neurobiologici e psicologici che caratterizzano lo sviluppo adolescenziale  fisiologico. Da questi risulta infatti indispensabile partire, dato che alcune manifestazioni cliniche derivano direttamente dalle profonde trasformazioni che avvengono in questo periodo.

La seconda parte affronta la psicopatologia dell’adolescenza, approfondendo alcune delle condizioni cliniche di più frequente riscontro: sono state selezionate alcune patologie affrontate dal nostro gruppo in questi anni, con l’intenzione di fornire una chiave di lettura di questi fenomeni e permetterne un inquadramento corretto anche da parte di chi non è specializzato in questi ambiti.

La terza parte riguarda due tematiche relativamente poco affrontate nel- la letteratura psichiatrica, il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD) e la Sindrome di Asperger, entrambi appartenenti alla grande categoria dei disturbi del neurosviluppo. Si tratta di manifestazioni cliniche a esordio precoce e andamento potenzialmente cronico, che tendono a influenzare profondamente le modalità di accesso dell’individuo alle interazioni socio-relazionali, alla gestione dei conflitti, all’analisi delle reazioni emotive. Queste condizioni sono state definite anche come “disturbi di base”, ovvero strutture di funzionamento cognitivo e affettivo che pongono il soggetto in una condizione di predisposizione a situazioni stressanti. Soprattutto in un periodo della vita come quello adolescenziale, dove i compiti si rendono più complessi e il soggetto inizia a rispondevi in prima persona, la presenza di queste condizioni spesso misconosciute impatta in modo significativo con il funzionamento globale e la qualità di vita, dando spesso origine anche a manifestazioni psichiche secondarie.

La quarta parte del volume affronta in ne il tema del trattamento e quello del ruolo della famiglia nel riconoscimento e nella gestione di queste condizioni.

Come scriveva P. Jeammet, in adolescenza non si deve leggere la sofferenza psichica in modo esclusivamente individuale, perché viene a definirsi uno “spazio psichico allargato” in quanto “l’adolescente tende a riversare sull’ambiente parte delle funzioni deputate al suo apparato psichico in difficoltà”. La sofferenza psichica in adolescenza interroga perciò tutti gli adulti a diverso titolo coinvolti e chiede una risposta il più possibile integrata, che sappia coordinare sensibilità e specificità diverse, facendo sì che ognuno accolga la propria responsabilità a favore del ragazzo in difficoltà. L’obiettivo di questo libro è proprio quello di contribuire a questo compito, fornendo quelle informazioni che possono permettere agli adulti (medici, psicologi ma anche educatori o genitori interessati) di porsi di fronte alle manifestazioni cliniche dell’adolescente con maggiori competenze, aiutandoli ad avere una bussola per navigare in acque che appaiono spesso molto tempestose.

 

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