Update per il Pediatra
Malattie Respiratorie

Dalla fenotipizzazione del wheezing alla valutazione del rischio futuro di asma ed il suo trattamento

14 Dic 2023

Maria Angela Tosca

IRCCS Istituto Giannina Gaslini, Genova

 

Il wheezing: un sintomo da inquadrare

Il wheezing o respiro sibilante è un suono ad alta tonalità, musicale e per lo più espiratorio, ma talvolta anche inspiratorio, dovuto ad una condizione di ostruzione bronchiale che rende difficoltoso il passaggio d’aria nelle vie aeree. Circa la metà dei bambini in età prescolare presenta almeno un episodio di wheezing, solitamente scatenato da infezioni respiratorie di natura virale. Gli episodi di wheezing, quando diventano ricorrenti e persistenti, accompagnati da tosse e da dispnea, anche al di fuori delle infezioni respiratorie, rappresentano una condizione che possiamo definire “asma”, soprattutto se sono presenti fattori di rischio come la familiarità, la dermatite atopica o una sensibilizzazione ad allergeni.

 

 

 

Il Tucson Children’s Respiratory Study (TRCS) rappresenta un riferimento importante per lo studio della storia naturale del wheezing e consente di identificare quattro fenotipi:

  • bambini che non presentano wheezing (51% dei casi);
  • bambini che presentano episodi di wheezing fino all’età di 3 anni, definito “wheezing precoce transitorio” (20% de casi);
  • bambini che presentano episodi di wheezing prima dei 3 anni e fino ai 6 anni, definito “wheezing persistente” (14% dei casi);
  • bambini che non presentano episodi di wheezing prima dei 3 anni, ma tra i 4 e i 6 anni, definito “wheezing tardivo” (15% dei casi).

Sulla base dei dati del TCRS, è stato sviluppato un indice predittivo di asma (API), per stabilire la probabilità di presentare asma all’età di sei anni. Questo indice è stato successivamente modificato in modified predictive index (mAPI) ed integrato con alcuni fattori determinanti, quali la storia familiare di asma, la dermatite atopica, la sensibilizzazione ad allergeni, la frequenza, il pattern clinico e la gravità degli episodi di wheezing. Un bambino di tre anni o meno, che abbia presentato almeno quattro episodi di respiro sibilante nell’anno precedente ed un criterio maggiore o due criteri minori (indicati in Tab. 1), presenta un indice mAPI positivo ed una maggiore probabilità di sviluppare asma.

 

 

Fenotipi diversi condizionano la storia naturale

Studi successivi hanno trovato dei modelli fenotipici simili al TRCS. Nello studio Child sono stati identificati quattro fenotipi: bambini che non hanno mai presentato wheezing, bambini con wheezing transitorio, bambini con wheezing ad insorgenza intermedia (prescolare) ed infine bambini con wheezing persistente. Da tale studio è emerso che un indice di massa corporea (BMI) elevato e le infezioni delle vie aeree inferiori rappresenterebbero un fattore di rischio comune per tutti i tipi di wheezing, la sensibilizzazione ad allergeni per il wheezing prescolare e l’asma materna per il wheezing persistente. Tutti i tipi di wheezing risultavano associati ad una riduzione della funzionalità polmonare e ad un aumento del rischio di asma all’età di cinque anni, soprattutto nel wheezing prescolare e persistente.

D’altro canto, sappiamo che i bambini con infezioni ricorrenti delle vie aeree inferiori – ed in misura minore delle vie aeree superiori – mostrano una più bassa funzionalità respiratoria in età scolare, che favorisce lo sviluppo di malattie respiratorie cronico-ostruttive, in particolare di asma, nelle età successive. Inoltre, molti bambini con wheezing ricorrente sviluppano una sensibilizzazione allergica già nella prima infanzia e questo aspetto, a sua volta, rappresenta uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di asma.

 

Linea di approccio a wheezing e asma

L’espressione variabile dei fenotipi di wheezing (Fig. 1) complica la valutazione dei pazienti in età prescolare e non esistono delle linee guida del tutto condivise per la gestione dei bambini in questa fascia di età, anche se la prevenzione ed il trattamento precoce potrebbero avere un ruolo determinante nella storia naturale della malattia.

Sono tre le finalità principali della terapia del wheezing persistente/asma:

  • controllare i sintomi;
  • ridurre il rischio di riacutizzazioni;
  • migliorare la qualità di vita.

Trattandosi tuttavia spesso di episodi multifattoriali, è difficile identificare uno standard terapeutico ed il trattamento dovrebbe essere sempre “personalizzato”.

Nei bambini che soffrono di wheezing ricorrente, prima di avviare una terapia di fondo, è necessario prendere in considerazione le diagnosi differenziali e/o le comorbidità, quali infezioni respiratorie ricorrenti, reflusso gastroesofageo, inalazione di corpi estranei, malformazione delle vie aeree, malformazioni cardio-vascolari (anelli vascolari), fibrosi cistica, displasia broncopolmonare, bronchite batterica protratta, immunodeficienza, discinesia primaria ciliare e tubercolosi. È stata anche ipotizzata una correlazione tra lo stress materno durante la gravidanza o la depressione ed il wheezing, per quanto non siano ancora state chiarite le possibili relazioni causali. I sintomi che richiedono maggiore attenzione ed accertamenti sono: la dispnea, i sintomi cardiovascolari, l’ipossiemia persistente, il rallentamento della crescita, la mancata risposta a trattamento con i corticosteroidi inalatori per 2-3 mesi, l’ippocratismo digitale o le anomalie radiologiche del torace.

 

I corticosteroidi inalatori

Dal punto di vista terapeutico, i corticosteroidi inalatori (CSI), somministrati precocemente, hanno dimostrato di ridurre il rischio di episodi di wheezing indotti da infezioni virali, in particolare nelle forme persistenti. In questi casi è opportuno utilizzare un trattamento con CSI in maniera continuativa, mentre nelle forme episodiche (meno di tre episodi/anno) possono essere utilizzati CSI in maniera intermittente e soprattutto all’inizio dei sintomi, in particolare se scatenati da un’infezione respiratoria.

Il documento GINA, disponibile nella versione aggiornata 2023, afferma che la probabilità di una diagnosi di asma nei bambini più piccoli è maggiore se gli episodi di wheezing sono scatenati dall’esercizio fisico, dal riso o dal pianto intenso, in assenza di episodi infettivi e in presenza di una storia di malattia allergica o di un incremento degli eosinofili, per cui il documento suggerisce i CSI a bassa dose per almeno tre mesi di trattamento.

Una metanalisi dimostra che i CSI sono utili nei bambini in età prescolare con wheezing ricorrente per ridurre le esacerbazioni (-40%) rispetto al placebo, indipendentemente dall’età, dalla presenza o meno di allergia e dal tipo di CSI utilizzato. Viene raccomandato un approccio empatico all’ansia dei genitori e la considerazione di marcatori oggettivi, quali i tempi, la gravità e la frequenza dei sintomi, insieme alla valutazione di altri biomarcatori, tra cui l’eziologia virale, la sensibilizzazione agli aeroallergeni ed il livello degli eosinofili nel sangue, che contribuiscono a un processo decisionale efficace.

 

 

La nebulizzazione: qualche suggerimento pratico di utilità per il pediatra

La scelta del farmaco e del sistema di erogazione deve basarsi non solo sull’effetto ottenuto relativamente al controllo dei sintomi, ma anche sulle preferenze del paziente e su delle considerazioni pratiche che devono comprendere la capacità di utilizzare il sistema di erogazione e l’aderenza alla terapia. Il sistema di inalazione ideale dovrebbe essere di facile utilizzo per i pazienti di qualsiasi età e nei vari stadi della malattia. L’erogatore dovrebbe poi essere in grado di generare delle particelle di dimensioni tali da consentire una distribuzione ottimale del farmaco nelle vie aeree, riducendo così al minimo la quantità depositata sull’orofaringe e poi ingerita, con maggiore biodisponibilità sistemica e relativi effetti collaterali. In tal senso, per quanto riguarda i CSI, vale sempre il concetto di somministrare la dose minima “efficace”.

Un aspetto di particolare rilevanza è la scelta del dispositivo in rapporto al bambino: la nebulizzazione si può utilizzare a tutte le età e non richiede la collaborazione del paziente, necessaria invece con i dispositivi di inalazione predosati (l’impiego di un distanziatore adeguato consente tuttavia l’utilizzo di tali dispositivi sin dal primo anno di vita). I nebulizzatori non richiedono la coordinazione del paziente e sono efficaci durante la respirazione corrente, consentendo di erogare alte dosi di farmaci, soprattutto in emergenza, e di trattare contemporaneamente sia le vie aeree superiori sia quelle inferiori. È per questo motivo che essi appaiono la modalità di erogazione più impiegata in USA, nel Nord e nel Sud Europa. Gli inalatori predosati in soluzione presentano a loro volta dei notevoli vantaggi rispetto a quelli in sospensione, quali la maneggevolezza, la disponibilità di dosi multiple e riproducibili (anche se passa del tempo tra l’agitazione della bomboletta e l’inalazione), la rapidità del trattamento, adatta a delle terapie prolungate e regolari, e l’immediata disponibilità del farmaco senza necessità di preparazione.

 

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