Update per il Pediatra
Salute e Sanità

Il bambino che viaggia.
Raccomandazioni per le famiglie dei piccoli viaggiatori

23 Set 2024

Intervista al professor Andrea Lo Vecchio1 e al dottor Andrea Rossanese2

1 Presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP); 2 Responsabile della Travel Clinic del Di.to di Malattie Infettive-Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS “Sacro Cuore-Don Calabria” di Negrar di Valpolicella (VR)

a cura della dottoressa Marta Castano, Medico Chirurgo, Milano.

 

Laddove un tempo la famiglia media italiana organizzava le proprie vacanze in estate e all’interno dei confini nazionali, oggi le mete sono sempre più spesso esotiche e si viaggia tutto l’anno anche con neonati e bambini piccoli. Tuttavia, il bambino che viaggia non è soltanto quello che trascorre una piacevole vacanza all’estero con mamma e papà, ma è anche quello che segue i genitori che si trasferiscono in un nuovo continente per lavoro e poi torna nella terra natia a trovare i parenti, è quello che purtroppo è costretto a spostarsi da territori di guerra, talvolta anche da solo, oppure quello che arriva nel nostro Paese perché adottato.

Il professor Andrea Lo Vecchio, Presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP), delinea il profilo del bambino viaggiatore moderno e illustra le misure di prevenzione e di profilassi che possono rendere il viaggio e il soggiorno più sereno e sicuro per lui e per chi lo accompagna.

Il dottor Andrea Rossanese, responsabile della Travel Clinic del Di.to di Malattie Infettive-Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS “Sacro Cuore-Don Calabria” di Negrar di Valpolicella (VR), riporta alcuni casi clinici che consentono di capire meglio l’importanza di istituire un’adeguata profilassi vaccinale per i soggetti pediatrici quando ci si prepara ad un viaggio verso luoghi con clima, abitudini di vita e condizioni igienico-sanitarie diverse rispetto al nostro Paese.

 

Il profilo del bambino viaggiatore: prevenzione e profilassi

Professor Andrea Lo Vecchio

Presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP)

Chi è il bambino viaggiatore?

Il bambino viaggiatore presenta oggi un profilo molto eterogeneo.

  • Abbiamo anzitutto il soggetto che va in vacanza con la famiglia in un luogo in cui il livello igienico-sanitario è inferiore rispetto al nostro e pertanto sarebbe opportuno che i genitori mettessero in pratica una serie di precauzioni antecedenti la partenza, senza dimenticare che questa popolazione include sia i bambini sani sia quelli affetti da malattie croniche o immunodepressi/immunocompromessi che necessitano di una prudenza aggiuntiva.
  • Un’altra categoria da attenzionare è rappresentata dai bambini che arrivano nel nostro Paese in seguito ad adozioni internazionali, poiché spesso sono soggetti apparentemente sani che giungono da luoghi in cui vi sono infezioni endemiche.
  • Vi sono poi i bambini rifugiati, rispetto ai quali l’anamnesi per le malattie infettive dovrebbe focalizzarsi non solo sul Paese d’origine, ma anche sulle diverse aree geografiche che il soggetto ha dovuto attraversare durante il suo viaggio e su eventuali eventi importanti anche traumatici che non sempre sono immediatamente palesati, ad esempio la possibilità che il paziente abbia contratto una malattia sessualmente trasmissibile in seguito ad una violenza.
  • Infine, vi sono i VFR (Visiting Friends and Relatives), ovvero i figli di immigrati residenti in Italia che ciclicamente tornano a visitare parenti e amici rimasti nel Paese di origine, situazione che spesso i genitori ritengono erroneamente priva di rischi: non di rado questi soggetti si spostano e soggiornano per lunghi periodi in luoghi in cui vi sono malattie endemiche, ad esempio tubercolosi e malaria, rispetto alle quali non presentano l’adeguata protezione immunitaria1,2.

Quale è la malattia più comunemente contratta dai bambini durante un viaggio internazionale?

La patologia che più frequentemente colpisce i bambini che si spostano per turismo è la diarrea del viaggiatore, definita come la presenza di scariche diarroiche che insorge durante il viaggio oppure fino a 14 giorni dopo il rientro e che riconosce di norma una causa virale3.

Cosa è raccomandabile che i genitori mettano in valigia per risolvere un malanno che si presenta durante il viaggio o il soggiorno?

Può essere utile sia per i genitori che per il pediatra consultare per tempo, ovvero qualche mese prima della partenza, la pagina web del Center for Disease Control (CDC), che elenca le profilassi raccomandate a seconda della destinazione prescelta4. Dal momento che in alcuni Paesi può essere difficile ottenere un’assistenza medica immediata o trovare una farmacia, in linea generale è raccomandabile avere con sé dei farmaci antipiretici, antibiotici a largo spettro, prodotti disinfettanti per eventuali ferite, antiemetici e certificati vaccinali. Nello scenario delle infezioni gastrointestinali, è una buona idea portare una soluzione reidratante orale, dei probiotici e degli antibiotici quali metromidazolo e rifaximina, quest’ultima utilizzabile a partire dai 12 anni di età, oppure amoxicillina/acido clavulanico nel caso di possibili infezioni batteriche che sono statisticamente più comuni di ritorno da viaggi rispetto a quanto lo siano routinariamente. Un possibile scenario clinico è quello della diarrea del viaggiatore sostenuta da un Norovirus molto resistente ai normali disinfettanti, responsabile di cluster infettivi in ambienti comunitari come scuole, asili, caserme e appunto crociere per il quale non esiste vaccinazione. Va inoltre ricordato che la profilassi consiste anche in tutte quelle misure fisiche che è possibile mettere in atto in alcuni luoghi per evitare punture e morsi di insetti ed artropodi, che sono potenziali vettori di malattie. Accortezze come l’indossare degli indumenti lunghi, piuttosto che l’applicazione di prodotti repellenti possono evitare malattie temibili come Dengue, malaria, febbre del Nilo occidentale, encefalite giapponese, meningoencefalite da zecche (TBE), condizioni un tempo endemiche in alcune aree geografiche ben definite e che oggi, in seguito ai cambiamenti climatici, vedono nuove zone di diffusione, avvicinandosi sempre di più anche alle nostre latitudini.

Quali sono i possibili sintomi/segni al rientro da un viaggio internazionale da portare all’attenzione del pediatra e con quali tempistiche si possono manifestare?

Qualsiasi bambino presenti febbre isolata e persistente al ritorno da un viaggio internazionale in Paesi quali Africa, sud America, sud-est Asiatico è meritevole di attenzione, in quanto il rischio di infezioni trasmesse da vettori non è trascurabile. In particolare, i bambini VFR sono a rischio al rientro da zone geografiche in cui infezioni come malaria, West Nile o Dengue sono endemiche, poiché le famiglie di origine ritengono inutile sottoporre i figli all’adeguata profilassi prima della partenza.  Inoltre, nei bambini molto piccoli non è possibile applicare i repellenti cutanei specifici utilizzati per le specie di zanzara veicolo della malattia, ovvero Plasmodium falciparum, P. vivax, P. ovale e P. malariae5.

Quanto è importante la durata del viaggio nella scelta delle misure di prevenzione da intraprendere?

Sicuramente più aumenta la durata del soggiorno, maggiore è l’esposizione rispetto ad agenti patogeni locali, pertanto anche le misure profilattiche possono variare. Ad esempio, nel caso della malaria la profilassi farmacologica prevede la somministrazione quotidiana di malarone, assumibile due giorni prima della partenza e che deve essere proseguito fino a una settimana dopo l’uscita dall’area endemica. Tuttavia, in caso di soggiorni superiori a un mese, sono suggeribili altri agenti farmacologici come doxiciclina e meflochina6. Il rischio di altre patologie legate al viaggio, come la diarrea del viaggiatore, è più comune nelle prime due settimane dall’arrivo e paradossalmente si riduce nel tempo.

 


La profilassi vaccinale per i soggetti pediatrici in viaggio

Dottor Andrea Rossanese

Responsabile della Travel Clinic del Di.to di Malattie Infettive-Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS “Sacro Cuore-Don Calabria” di Negrar di Valpolicella (VR)

A parte le vaccinazioni obbligatorie già previste dal nostro piano nazionale, ve ne sono altre che Lei suggerirebbe ai genitori che stanno programmando una vacanza con i propri figli piccoli in un paese tropicale?

Personalmente ritengo che la profilassi contro l’epatite A sia tra quelle che i genitori dovrebbero prendere in considerazione, non solo se stanno programmando una vacanza ai tropici, ma anche se hanno un figlioletto che frequenta la scuola dell’infanzia e mi spiego meglio con un caso emblematico. Lo scorso febbraio sono stati segnalati due casi di epatite A in un asilo in bambini che non avevano mai effettuato viaggi in Paesi considerati a rischio, ovvero località tropicali con delle condizioni igienico-sanitarie talvolta scadenti. L’indagine dell’autorità sanitaria locale ha consentito di individuare un compagno dei due bambini che era andato in vacanza sul Mar Rosso durante le festività natalizie e che si presentava positivo rispetto alla ricerca anticorpale senza essere mai stato vaccinato. Questo ha consentito di svelare l’arcano: il terzo bambino aveva certamente contratto l’infezione durante il soggiorno presso la località egiziana, non sviluppando i sintomi della malattia – evento tutt’altro che raro in questa fascia d’età – ed era quindi ritornato nella comunità scolastica diventando inconsapevolmente diffusore del virus. Il virus dell’epatite A si trasmette per via feco-orale, una modalità di contagio molto frequente tra i più piccoli che si scambiano spesso i giochi, portano le mani alla bocca e non sempre le lavano dopo essere stati in bagno. Per questo motivo si tratta di una vaccinazione da consigliare fortemente a genitori di bambini iscritti al nido o alla scuola dell’infanzia, oltre che a coloro che stanno organizzando una vacanza verso Paesi dove l’infezione è diffusa.

Che cosa prevede la profilassi vaccinale pediatrica contro l’epatite A?

A partire dai 12 mesi di età e fino ai 16 anni l’iter vaccinale prevede la somministrazione di 2 dosi intramuscolo contenenti virus inattivato, distanziate da un minimo di 6 mesi. La profilassi fornisce una protezione elevatissima, fino al 99%, che inizia 15 giorni dopo la prima dose e dura a vita dopo la seconda7.

Non di rado, al ritorno da una vacanza in un luogo esotico con dei figli piccoli, capita di dover consultare un pediatra per la comparsa di sintomi quali febbre, astenia e malessere generale. Quando preoccuparsi?

Vi sono alcune mete – quali il Medio Oriente, l’Asia orientale e meridionale, l’Africa, i Caraibi, l’America centrale e meridionale – dove oggi le famiglie possono facilmente soggiornare anche con figli molto piccoli e lattanti. Al ritorno da queste località, i genitori potrebbero ritrovarsi con un bimbo che presenta febbre, spossatezza e inappetenza. Esclusa l’infezione malarica che è presente in quelle zone, una possibile e temibile diagnosi differenziale è che il piccolo abbia contratto la febbre tifoide, una malattia provocata dal batterio Salmonella typhi che oltre al quadro clinico descritto determina neutropenia, evento raro in un’infezione batterica e bradicardia relativa, segno insolito in un soggetto con febbre, e talvolta comparsa di un esantema maculare sul tronco8. Sono questi segni, oltre alla sierologia anticorpale, a consentire di raggiungere una diagnosi e procedere con la terapia.

Come si cura la febbre tifoide?

La terapia consiste nella somministrazione di antibiotici. Tuttavia l’utilizzo non sempre opportuno di questi agenti farmacologici negli ultimi decenni ha creato una delle problematiche che rappresenterà la vera sfida per la medicina dei prossimi decenni, ovvero lo sviluppo di ceppi batterici resistenti. Nel caso della febbre tifoide, è stata descritta la Salmonella XDR multiresistente, che è endemica dal 2016 in alcune zone del Pakistan9. Secondo le raccomandazioni internazionali, la strategia più efficace per contrastare la resistenza antibiotica è proprio la vaccinazione preventiva nei confronti di questi stipiti batterici particolarmente ostici da debellare10.

In che cosa consiste la profilassi vaccinale contro la febbre tifoide?

Per la febbre tifoide è disponibile un vaccino polisaccaridico inattivato, somministrabile in un’unica dose parenterale intramuscolo a partire dai 2 anni di età, che fornisce una protezione di circa 3 anni. È inoltre possibile utilizzare un secondo vaccino vivo attenuato, che prevede 3 somministrazioni per via orale a giorni alternati, che è indicato oltre i 5 anni di età o comunque in soggetti che siano in grado di deglutirlo11.

Quale profilassi consiglierebbe ad una famiglia che durante le prossime vacanze invernali, invece della più classica delle settimane bianche, si appresta a portare i propri figli piccoli a vivere l’esperienza avventurosa di un safari?

Suggerirei assolutamente di istituire un’adeguata profilassi vaccinale rispetto alla rabbia. Un recente caso di cronaca ha visto protagonista un’adolescente veneta che, mentre era in vacanza in Sud Africa in visita ad un parco faunistico, è stata morsa da una foca, riportando un’ecchimosi e una lieve escoriazione. Il problema è sorto qualche settimana dopo il rientro della giovane in Italia, quando l’autorità sanitaria sudafricana ha diramato un’allerta internazionale che ha raggiunto la famiglia della giovane, poiché nella zona dove avevano soggiornato erano state trovate alcune foche morte risultate positive al virus della rabbia. A scopo precauzionale l’adolescente è stata sottoposta a profilassi post-esposizione, sviluppando delle reazioni avverse durante l’iter vaccinale che le hanno impedito di completarlo.

Quali tempistiche e quali modalità prevede la profilassi antirabbica?

A seguito di un morso in soggetti non precedentemente vaccinati la profilassi prevede, oltre all’accurata disinfezione della ferita, la somministrazione di 1 dose di immunoglobuline antirabbiche (RIG) al giorno 0 contestualmente alla prima dose di vaccino inattivato, seguita poi da altre 3 al giorno 3, 7, 14 o 21, mentre negli immunocompromessi è previsto un ulteriore richiamo al giorno 2812. La profilassi pre-esposizione, effettuabile a partire dall’anno di età, prevede invece un ciclo di sole 2 dosi di vaccino a una distanza minima di 7 giorni fino ad un massimo di 4 settimane, con lo sviluppo di un’immunità competente rispetto a tale patogeno una settimana dopo l’ultima dose che dura da 3 a 5 anni. Se un soggetto precedentemente vaccinato viene morso, bastano 2 dosi per via intramuscolare ai giorni 0 e 3, oppure 2 somministrazioni intradermiche sempre ai giorni 0 e 3, in due sedi diverse (ad esempio le due braccia), oppure ancora, per ridurre il numero di accessi, 4 iniezioni intradermiche, tutte al giorno 0, in quattro sedi diverse (ad esempio i quattro arti)13-15. L’iter vaccinale post-esposizione è pertanto più “intenso” e gli effetti collaterali che la ragazza in questione ha presentato si sarebbero forse potuti evitare con una profilassi eseguita prima della partenza.

Per approfondire…

  • Secondo i dati del Sistema Epidemiologico Integrato delle Epatiti Virali Acute (SEIEVA) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), nel 2023 in Italia sono stati notificati 267 casi di epatite A, con 3 decessi in donne oltre i 75 anni di età. Le regioni che hanno registrato il numero maggiore di casi sono state Lombardia (55), Toscana (43), Emilia-Romagna (29), Marche (28) e Lazio (27). La fascia d’età più colpita è stata quella dai 35 ai 54 anni (25,1%), mentre i casi pediatrici sono stati 45. I fattori di rischio più frequentemente riportati sono stati il consumo di molluschi crudi o poco cotti (35,5%) e viaggi in zone endemiche (31,9%)16.
  • Nel 2000 i tassi di incidenza più elevati della febbre tifoide si sono registrati in Puglia, Basilicata, Lazio e Campania, regione in cui la malattia è più frequente che nel resto d’Italia, sebbene negli ultimi anni non siano stati segnalati focolai epidemici. Per il 2017, 22 Paesi hanno registrato un totale di 1098 casi di febbre tifoide e paratifoide e dei 798 casi confermati quasi il 91% era legato a viaggi in Paesi al di fuori dell’Unione Europea. Dall’inizio del 2015 l’Irlanda ha indicato il Pakistan come Paese responsabile del maggior numero di infezioni segnalate all’interno dei suoi confini (29%), riportando che il 64% dei casi ha riguardato soggetti di età pari o inferiore a 14 anni17.
  • La parola “rabbia” deriva dal sanscrito “rabbahs”, che significa “fare violenza”. Si tratta di una zoonosi causata da un virus del genere Lyssavirus, che si trasmette all’uomo attraverso la saliva di animali malati, specialmente cane e volpe. La malattia determina un’encefalite con prognosi infausta e, dal punto di vista clinico, si descrivono una forma furiosa (75% dei casi) caratterizzata da disturbi psicomotori e da iperattività talora a carattere furioso e una forma paralitica (25% dei casi) con paralisi progressiva senza manifestazioni di aggressività. L’Italia attualmente è indenne dalla rabbia: l’ultima epidemia ha interessato tra il 2008 e il 2011 le regioni del nord-est, in relazione alla situazione epidemiologica nelle vicine Slovenia e Croazia. Nel nostro Paese, l’ultimo caso di rabbia autoctona nell’uomo risale al 1968, mentre dagli anni ’70 i casi diagnosticati sono stati tutti osservati in soggetti che avevano contratto la malattia all’estero18.

 

Bibliografia

  1. https://wwwnc.cdc.gov/travel/yellowbook/2024/work-and-other-reasons/visiting-friends-and-relatives
  2. https://sip.it/2018/06/11/bambini-guida-viaggiare-sicuri/
  3. https://wwwnc.cdc.gov/travel/page/children
  4. https://wwwnc.cdc.gov/travel/destinations/list
  5. https://www.epicentro.iss.it/malaria/
  6. https://www.epicentro.iss.it/viaggiatori/pdf/Libretto_ER_Salute_in_viaggio_bassa.pdf
  7. https://www.epicentro.iss.it/epatite/epatite-a
  8. https://www.epicentro.iss.it/tifoide/
  9. https://www.cdc.gov/antimicrobial-resistance/media/pdfs/salmonella-typhi-508.pdf
  10. https://www.who.int/teams/immunization-vaccines-and-biologicals/product-and-delivery-research/anti-microbial-resistance
  11. https://www.salute.gov.it/portale/malattieInfettive/dettaglioSchedeMalattieInfettive.jsp?lingua=italiano&id=217&area=Malattie%20infettive&menu=indiceAZ&tab=1#:~:text=Vaccino%20%E2%80%9Cconiugato%20Vi%E2%80%9D%3A%20Il,(a%20seconda%20del%20vaccino)
  12. https://www.epicentro.iss.it/rabbia/pdf/protocollo-operativo_profilassi.pdf
  13. https://www.salute.gov.it/portale/sanitaAnimale/dettaglioContenutiSanitaAnimale.jsp?lingua=italiano&id=266&tab=1
  14. Quiambao BP, Ambas C, Diego S, et al. Single-visit, 4-site intradermal (ID) rabies vaccination induces robust immune responses 5 years after 1-week, 4-site ID primary post-exposure prophylaxis in the Philippines. Vaccine 2020;38:3740-3746. https://doi.org/10.1016/j.vaccine.2020.03.043
  15. Warrell MJ, Riddell A, Yu LM, et al. A Simplified 4-Site Economical Intradermal Post-Exposure Rabies Vaccine Regimen: A Randomised Controlled Comparison with Standard Methods. PLoS Negl Trop Dis 2008; 2:e224. https://doi.org/10.1371/journal.pntd.0000224
  16. https://www.epicentro.iss.it/epatite/dati-seieva
  17. https://www.epicentro.iss.it/tifoide/epidemiologia
  18. https://www.epicentro.iss.it/veterinaria/rabbia_efsa07
  19. https://iris.who.int/bitstream/handle/10665/272372/WER9316-201-219.pdf?sequence=1

 

 

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