da Il Medico Pediatra rivista ufficiale della F.I.M.P.
Se noi osserviamo la qualità della vita per come si è evoluta negli ultimi decenni non possiamo che constatare come sia migliorata, così come documenta il Rapporto sullo Sviluppo Umano (HDR) redatto dall’ONU. L’HDR è una misura sintetica nelle dimensioni chiave dello sviluppo umano: la salute, valutata in base all’aspettativa di vita alla nascita, l’istruzione della popolazione, il tenore di vita valutato dal reddito nazionale lordo pro capite. L’HDR ha mostrato una crescita costante anche se in misura diversa nelle diverse regioni del mondo con una deflessione registrata solo in occasione degli anni della pandemia da COVID.
Per quanto riguarda l’Italia, inoltre, l’Istat ha documentato, dall’inizio del 1900, un costante incremento della durata della vita, eccezion fatta per il periodo delle due guerre mondiali, e un crollo dei tassi di mortalità infantile sotto i 5 anni dalla fine dell’800. Alla fine dell’800 i bambini morivano principalmente a causa di malattie infettive, che sono state sconfitte grazie alla scoperta degli antibiotici, delle vaccinazioni e di migliorate condizioni di vita.
Questi risultati sono frutto delle importanti trasformazioni avvenute con l’industrializzazione e lo sviluppo delle scienze, che hanno caratterizzato l’epoca definita “Antropocene”. L’Antropocene è la nuova era geologica nella quale viviamo, caratterizzata dalla forte manipolazione da parte dell’uomo dell’ambiente naturale, che ha comportato un uso massiccio di terre fertili, combustibili fossili, foreste, minerali, ma con una conseguente produzione di emissioni in atmosfera e di rifiuti solidi e liquidi. Se da un lato questa imponente azione umana ha portato al miglioramento descritto nelle condizioni di vita, dall’altro lato si è registrata l’immissione di circa 120.000 sostanze chimiche sul mercato, di molte non sono note le caratteristiche, né hanno mai subito una valutazione di sicurezza. L’inquinamento da sostanze chimiche è inoltre uno dei fattori che ha inciso e amplificato i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi.
Ciò che è importante considerare da parte dei medici è che se la contaminazione chimica modifica l’ambiente, contemporaneamente modifica anche l’organismo umano che con l’ambiente è in intima connessione, perché ogni essere vivente beve, mangia e respira e dunque introduce in sé le componenti dell’ambiente naturale nel quale vive e ciò vale soprattutto per i bambini che mangiano, bevono, respirano più degli adulti e hanno, fino ai tre anni circa, un’attitudine al comportamento bocca-mano che li espone maggiormente al contatto con la polvere e il suolo 8. In conseguenza di questa interconnessione stretta tra gli esseri viventi e l’ambiente nel quale vivono, ogni trasformazione dell’ambiente naturale si riflette inevitabilmente in una “trasformazione” dell’ambiente interno dell’organismo.
Ed è così che nell’Antropocene gli esseri umani hanno visto l’emergenza e la crescita di patologie definite “ambiente correlate” e all’entusiasmo per i progressi determinati dalla industrializzazione e ai relativi benefici, è seguita la constatazione di danni alla salute e alla vita determinati dagli interventi sull’ambiente naturale, e in particolare dalla contaminazione chimica. La gestione delle sostanze chimiche ha determinato impatti inaccettabili per la salute umana e per il pianeta; l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che le malattie correlate all’esposizione alle sostanze chimiche abbiano provocato 2 milioni di morti solo nel 2019 9,10.
Paradigmatico e istruttivo il caso di Taranto che vide il suo ambiente naturale, particolarmente fecondo e ricco, trasformato a partire dalla metà del XX secolo da una massiccia industrializzazione che prometteva, con i toni entusiastici di quel secolo, uno sviluppo economico a trazione industriale del territorio e che contribuì a fornire, con l’insediamento nel 1964 della più grande acciaieria d’Europa, l’acciaio per il boom economico italiano. Taranto verrà inclusa nel 1986 tra le aree a elevato rischio ambientale e nel 1998 (L. 426-1998), per l’entità della contaminazione ambientale e il rischio sanitario conseguente alla industrializzazione del territorio, tra i Siti di Interesse Nazionale per le Bonifiche (SIN) 11, ospitando oltre all’impianto siderurgico un’area portuale, un impianto petrolchimico e discariche.
L’impianto siderurgico tarantino, a ciclo integrale, che ha prodotto acciaio a partire dal carbone e quindi bruciando fonti fossili, ha ampiamente contaminato l’ambiente oltre ad aver immesso grandi quantità di CO2 in atmosfera. Le indagini di biomonitoraggio hanno evidenziato il passaggio nell’organismo degli animali, in specie le pecore, di diossine attribuite all’impianto siderurgico. Nel latte materno delle donne tarantine è stato evidenziato un eccesso di diossine rispetto a un campione di controllo della provincia e, soprattutto, la presenza di un furano marker dell’industria metallurgica, il 2,3,4,7,8-P5CDF 12. Nei quartieri più prossimi all’area industriale, la popolazione più anziana perisce in diretto rapporto con la produzione industriale e la conseguente immissione di polveri a essa riferite 13 (Fig. 1). Gli studi epidemiologici hanno dimostrato il nesso di causa-effetto tra emissioni riferite all’impianto siderurgico e morte e malattia nella popolazione e, in generale, un eccesso di tumori nella popolazione e in quella infantile 14.
L’immissione di sostanze chimiche nell’ambiente naturale a opera delle attività industriali inevitabilmente e prevedibilmente contamina l’ambiente e, di conseguenza, le sostanze chimiche immesse nell’ambiente contaminano gli esseri umani che in quell’ambiente mangiano, bevono, respirano, hanno contatti cutanei; e sempre inevitabilmente le sostanze chimiche interferiscono con la biologia naturale, esplicando la loro azione patogena. Prevedibilmente. Inevitabilmente. E così i pesticidi in agricoltura, se da un lato assicurano un maggiore raccolto e una maggiore disponibilità di prodotti agricoli, dall’altra li contaminano e contaminano l’aria, la terra e le acque delle falde superficiali e profonde, inevitabilmente contaminando gli esseri umani che vivono vicino i campi irrorati 15 o che si alimentano con prodotti agricoli che sono stati irrorati 16. Questo contatto anomalo inevitabilmente interferisce col normale funzionamento dell’organismo ed espone al rischio di malattie 17,18.
Gli studi effettuati sul territorio italiano evidenziano in maniera didattica l’importanza della contaminazione ambientale nel determinare lo stato di salute nella popolazione 19. Infatti, pur in presenza di uno stile di vita sano caratterizzato da basso consumo di carne, bassi livelli di obesità, ridotta abitudine al fumo e buon livello socioculturale − tutti fattori protettivi della salute umana − la contaminazione ambientale risulta essere da sola il fattore determinante nel causare un eccesso di cancro. La qualità dell’aria è al primo posto per importanza per quanto riguarda il tasso medio di mortalità per cancro, seguita dal vivere nei siti da bonificare, nelle aree urbane e dalla densità dei veicoli a motore. Prevedibilmente, lo stato di salute di bambini e adolescenti che vivono nei SIN (1.160.000 soggetti, di età compresa tra 0-19 anni) risulta compromesso, facendo registrare un eccesso nell’incidenza di cancro; un eccesso di ricoveri e, in 7 su 15 SIN coperti da registro sulle malformazioni congenite, un eccesso di malformazioni congenite 20. Come precisano gli autori, se “Non tutte le morti e i casi di tumore osservati in eccesso sono attribuibili all’esposizione a una o più fonti di inquinamento presenti, o che sono state presenti nei siti, le attuali conoscenze sul profilo tossicologico dei contaminanti presenti nell’aria, nei suoli, nell’acqua di falda e nella catena alimentare fanno presumere che l’esposizione ambientale a essi possa aver giocato un ruolo causale o concausale nell’occorrenza di una parte di questi eccessi”.
Poiché molte sostanze inquinanti sono neurotossiche per esposizione in gravidanza, dobbiamo aspettarci nei siti inquinati un eccesso di patologie del neuro sviluppo 21-27. È peraltro dimostrato un eccesso di disturbi dello spettro della schizofrenia e ansia e depressione in adulti esposti al PM 28 e questo non può non rappresentare un rischio per lo sviluppo infantile dei bambini figli di madri esposte, e in generale di genitori esposti. Prevedibilmente, pur in assenza di un dimostrato collegamento a una specifica sorgente, nei bambini tarantini arsenico urinario, il cadmio e il manganese dei capelli sono risultati correlati alla distanza della residenza del bambino dall’area industriale, ed è stata riscontrata una riduzione di 15 punti di QI nei bambini che vivono più vicini all’area industriale e anche un maggior rischio di disturbi del neuro sviluppo 29,30.
Esiste una inevitabilità del contatto che va tenuta presente quando si introduce anche una sola molecola chimica nell’ambiente, e questa acquisita consapevolezza, nel tempo in cui viviamo, deve informare le politiche industriali e quelle di politica sanitaria che devono essere rigorosamente orientate dal principio di precauzione. Plausibilmente, avere trascurato questo aspetto ha determinato o concorso a determinare i danni all’ambiente e alla salute che hanno caratterizzato il periodo della industrializzazione.
Così Papa Francesco nella enciclica “Laudato si’”: “Mentre l’umanità del periodo post-industriale sarà forse ricordata come una delle più irresponsabili della storia, c’è da augurarsi che l’umanità degli inizi del XXI secolo possa essere ricordata per aver assunto con generosità le proprie gravi responsabilità”.
La plastica
La plastica merita una attenzione particolare per l’enorme diffusione, per la scarsa percezione presso la popolazione del rischio per la salute connesso al suo uso, per la efficacia di azioni educative volte alla riduzione dell’uso e quindi per l’importanza del ruolo del pediatra.
La plastica è una materia di nuova sintesi e sconosciuta in natura. I primi materiali plastici furono sintetizzati nell’800, ma l’enorme espansione della sua produzione è avvenuta dalla seconda metà del XX secolo favorita da quattro fattori: a) l’ampia disponibilità della materia prima (infatti oltre il 98% della plastica è prodotta da carbonio fossile: carbone, petrolio e gas); b) la duttilità della plastica, che si presta a molti usi risultando utile e particolarmente versatile; c) lo sviluppo dei trasporti e il commercio a distanza, con la conseguente necessità del confezionamento delle merci; e d) la diffusione dei prodotti usa e getta che rappresentano il segmento in più rapida crescita della produzione di plastica, includendo la “fast fashion”, la moda usa e getta favorita dall’espansione dei tessili di materiale sintetico.
La plastica, sconosciuta in natura, non è biodegradabile e si è accumulata progressivamente nell’ambiente sotto forma di rifiuti che hanno creato isole nei mari, contaminato acque profonde e ghiacciai, invaso le spiagge e creato discariche sulla terra. La plastica sia con l’uso (come avviene con l’erosione degli pneumatici dei veicoli in moto), che per l’azione delle forze naturali (se abbandonata in ambiente) si sbriciola ed è presente sotto forma di microplastiche (frammenti di dimensione <5 mm) e nanoplastiche (frammenti da 1 a 100 nanometri) nei mari, in atmosfera, nel suolo e nella polvere delle abitazioni. Le materie plastiche che compongono gli abiti e le materie tessili in generale, allo stesso modo, si disperdono sotto forma di microfibre nelle acque di lavaggio e in atmosfera e nella polvere delle abitazioni con l’uso; allo stesso modo si disperdono in ambiente le microfibre contenute nei filtri delle sigarette abbandonati.
A causa della predetta inevitabilità del contatto degli organismi viventi con la materia dell’ambiente esterno, anche le microplastiche sono intercettate dall’organismo umano 31 e microplastiche sono state reperite nei polmoni 32, nelle urine 33, nelle feci 34, nello sperma e nei testicoli 35, nella placenta 36, nel latte materno 37, nel sangue umano 38. Gli esseri umani ne vengono in contatto tramite la respirazione, per via alimentare, per via cutanea e per via transplacentare 39,40.
Le materie plastiche sono costituite da una ossatura polimerica a base di carbonio, che racchiude sostanze chimiche incorporate nei polimeri per trasmettere proprietà specifiche come colore, flessibilità, stabilità, idrorepellenza, ritardo di fiamma e resistenza ai raggi ultravioletti. Queste sostanze aggiunte includono agenti cancerogeni, neurotossici e interferenti endocrini come ftalati, bisfenoli, sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS), ritardanti di fiamma. Queste sostanze chimiche aggiunte possono filtrare dal polimero nell’ambiente circostante, migrare nel suolo, nelle acque superficiali, nei sedimenti, nell’aria indoor e negli alimenti durante le fasi di lavorazione, confezionamento e stoccaggio, portando a un’esposizione umana diffusa: questo meccanismo va sotto il nome di “lisciviazione”. Di fatto le particelle di plastica forniscono un “serbatoio” durevole per la lisciviazione chimica nei tessuti e nei fluidi corporei delle sostanze che contengono 41. Inoltre le microplastiche sono tutte in grado di assorbire sostanze chimiche dall’ambiente come PCB (policlorobifenili) PBDE (polibromodifelineteri) e IPA (idrocarburi policiclici aromatici), sostanze note per essere tossiche per la riproduzione, interferenti endocrine, cancerogene; ma anche metalli pesanti (piombo, cadmio e mercurio) e batteri. Inoltre, è stato segnalato come le bottiglie in PET riciclato tendono a rilasciare un maggior quantitativo di bisfenolo A (BPA) e antimonio 42 e ci sono prove crescenti di una possibile contaminazione di materiali riciclati prodotti in plastica e che la plastica riciclata sia suscettibile di rilasciare un maggior numero di sostanze chimiche 43,44.
A causa della lisciviazione di sostanze dalla plastica, il confezionamento di cibi e bevande in plastica costituisce un possibile rischio per il passaggio di queste sostanze in cibi e bevande 45. È documentata una maggiore escrezione urinaria di ftalati e bisfenolo A dopo una dieta con cibi in scatola o confezionati in plastica 46,47, una maggiore presenza di bisfenolo A nel latte materno di donne che consumavano bevande calde in bicchieri di plastica e maggiore escrezione urinaria di bisfenolo A in lattanti allattati al seno da donne che assumevano yogurt in contenitori di plastica 48. Lo studio PERSUADED 49 ha dimostrato in un campione di bambini italiano tra 4-11 anni una eliminazione urinaria di ftalati nel 100% del campione e di bisfenolo A nel 76% del campione. L’uso frequente di plastica monouso e l’uso prolungato e quotidiano di giochi in plastica nei bambini sono i principali fattori associati a livelli maggiori di BPA e ftalati nei bambini dai 4 ai 6 anni; la quantità di plastificanti è maggior‑ mente presente nei cibi che sono a contatto con le pellicole protettive.
1. Tanto premesso è indispensabile che i pediatri intervengano attivamente, consigliando ai genitori semplici pratiche per ridurre nella vita quotidiana l’esposizione agli inquinanti, in generale, e in particolare alla plastica. Si assume che la sensibilizzazione capillare dei genitori possa diventare fattore di promozione di scelte sociali e politiche, che necessariamente devono affiancare l’azione individuale a livello delle comunità.
2. È necessario, a causa della documentata possibile presenza nella polvere di casa di inquinanti e microplastiche, suggerire la pulizia degli ambienti interni della casa e delle superfici dei mobili con straccio umido usando, laddove possibile, un aspirapolvere con filtro Hepa. Moquette e tappeti andrebbero evitati per la loro capacità di accumulo di polvere e perché spesso, essi stessi di fibra sintetica, possono liberare con l’uso microfibre.
3. Per ridurre l’inalazione di microfibre, gli indumenti della famiglia − e rigorosamente quelli dei bambini − nonché i tessuti come le coperte, le tende e i rivestimenti tessili dei mobili è necessario che siano di materiali naturali come cotone, lino, lana. È utile insegnare alle famiglie a controllare sempre l’etichetta degli abiti prima dell’acquisto, mostrando dove cercarla e come leggerla.
4. Bambole, peluche e giocattoli devono essere preferibilmente in materiali naturali come stoffa, legno, metallo. Questo suggerimento deve essere categorico nel periodo 0-3 anni, quando è prevalente il comportamento bocca-mano. Deve essere promosso il gioco libero all’aria aperta con i coetanei, come fattore di promozione della salute psicofisica dei bambini. Deve essere promossa la lettura sin dalle prime epoche della vita.
5. Deve essere sconsigliato il contatto del cibo con qualsiasi tipo di plastica, sia essa quella dei contenitori, che quella delle pellicole. È da sconsigliare altresì l’uso di acqua e bevande contenute in bottiglia di plastica. Ai genitori va consigliato l’uso di biberon in vetro.
6. Parlando di alimentazione è opportuno ricordare ai genitori di privilegiare alimenti vegetali provenienti da agricoltura biologica, così come prodotti animali (uova latte carni) della medesima provenienza; questa scelta riduce il contatto alimentare con i pesticidi e, favorendo le coltivazioni biologiche, migliora la salute degli agricoltori, la qualità dell’aria dei centri agricoli, riducendo la deriva dei pesticidi e la qualità dell’acqua delle falde.
7. È utile suggerire l’acquisto di alimenti e prodotti per la pulizia sfusi (www.sfusitalia.it) e di usare borse di stoffa per gli acquisti.
8. Le abitazioni devono essere arieggiate per limitare la concentrazione di inquinanti che si producono nella casa e migliorare la qualità dell’aria indoor, e il pediatra deve promuovere la mobilità pedonale e l’uso delle biciclette e per contribuire a migliorare l’aria outdoor e promuovere l’attività fisica.
9. Gli ambulatori dei pediatri, soprattutto negli spazi riservati ai bambini, devono essere liberi da plastica, essere corredati di giochi di materiali alternativi e libri adatti a ogni fascia di età. Gli stessi contenitori e gli arredi devono essere in materiali naturali, in modo da creare un contesto visivamente educativo e di forte impatto.
10. È importante che i singoli pediatri aderiscano alla “Campagna nazionale per la prevenzione dei rischi per la salute da esposizione alla plastica” promossa da Associazione Medici per l’Ambiente- ISDE Italia e Rete Italiana Medici Sentinella, in collaborazione con Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG), Associazione Medici Endocrinologi (AME), Associazione Culturale Pediatri (ACP), Federazione Italiana medici pediatri (FIMP), Società Italiana di Pediatria (SIP), Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI), Choosing Wisely Italy e Facoltà di Scienze dell’Alimentazione Università di Pollenzo (CN), Plastic free, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE). L’adesione può essere comunicata inviando una e-mail a: isde@ isde.it. Per ambulatori pediatrici sono disponibili i poster prodotti dal Gruppo Nazionale Plastica e liberamente scaricabili al sito https://www.isde. it/progetto-plastica. L’ adesione dei singoli pediatri alla campagna plastica può essere fatta inviando una e-mail a: isde@isde.it.
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